Il vetro è una delle composizione più affascinanti e suggestive che l’uomo abbia creato, dapprima per fini utilitaristici e poi come vera e propria arte. Questa materia, originata dal fuoco, in una inconsueta fusione di lucentezza e fragilità, è avvolta in un’aura di mistero, mistero per le sue origini, mistero per la sua struttura, che presenta delle variabili imprevedibili, in fase di lavorazione. Il vetro ha sempre ricoperto, nelle arti e nei secoli, un ruolo di nobiltà, sprigionando sia negli esperti che negli estimatori, un fascino unico.
Origini
L’invenzione del vetro non ha origini certe e i primi ritrovamenti di vetro risalgono probabilmente a 5000 anni fa nella regione del Medio Oriente.
Gli Assiri e gli Egiziani producevano manufatti di vetro per uso religioso. All’inizio dell’età del bronzo, alla fine del secondo millennio A.C., il commercio portò le prime perline dal Medio Oriente all’Europa Centrale. Da quel momento e sino ai nostri giorni, il vetro è sempre stato presente nei paesi della Boemia, i varie forme e svariate frequenze.
Dal V secolo al XIV secolo
Anche i Celti, vissuti nel 400 in Europa Centrale, contribuirono allo sviluppo del vetro. L’abilità dei loro artigiani produsse un vetro di alta qualità, consistente, trasparente e impermeabile alla corrosione. La loro ispirazione traeva origine dal mondo classico e produssero bellissimi ornamenti, braccialetti, anelli, orecchini in vetro colorato, rosso porpora, blu cobalto e ambra.
Dopo il crollo dell’impero della Grande Moravia, ovvero dei paesi delle attuali Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia, nel 905 circa, il vetro prodotto nei territori della Boemia fu opera dei Benedettini, nei loro monasteri.
I monaci iniziarono a lavorarlo, traendo la materia prima dalla campagna circostante ai monasteri, ricca di potassio e quarzo. La loro prima produzione fu di calici ad uso religioso ed in seguito di vetrate per le chiese, sempre più artistiche.
In Boemia, le prime formaci nacquero nel IX secolo e alla fine del XIII secolo, furono localizzate nella foresta boema della catena dei Monti Metalliferi. La zona montuosa era ricca di legname che forniva il combustibile, dalle cui ceneri di ricavavano le polveri fondenti. I monti erano anche ricchi di minerali come uranio, ossidi di ferro e manganese, piombo, argento cobalto e altri.
La fornace si componeva di 3 parti: in basso il vano di riscaldamento, nel mezzo un contenitore per la miscela del vetro, ed, in alto una camera di ricottura e di raffreddamento del prodotto finito.
Testimonianza di interesse è la più antica illustrazione di una fornace medioevale, realizzata nel IX secolo, dal carolingio Rabano Mauro, vescovo di Magonza, il codice 32, la cui copia è attualmente conservata nel monastero di Monte Cassino
La produzione del vetro in questi secoli fu abbastanza limitata nelle forme. Si producevano “goblets” ovvero calici senza stelo, a base piatta decorati sull’esterno da bugne a punta o a fragola. Fra le forme ritrovate anche la forma dello stivale usata come bicchierone da birra.
La materia utilizzata ,non era la “soda”, molto costosa, proveniente dal bacino del Mediterrano e usata dai Veneziani, ma una varietà di “ potassa”. Il vetro ottenuto era, per la maggior parte, incolore, talvolta leggermente sfumato di giallo, marrone o verde, oppure blu, grazie all’uso di pigmentazione con ossidi di metallo.
La figura del “maestro vetraio” boemo era un tutt’uno di artigianalità, arte, disegno. All’inizio i mastri vetrai aderirono alle forme gotiche pervenute dai Circestensi, ma poi divennero disegnatori, artisti, talmente abili che potevano soddisfare qualsiasi richiesta del cliente nella realizzazione di forme e decori.
Malgrado vivessero in una società con regole strettamente feudali, gli artisti del vetro godevano dello stato di “libertà” totale, quando non dovevano soddisfare le richieste della corte reale, della nobiltà e della chiesa. All’epoca, la produzione del vetro era considerata una nobile arte “ars vitraria nobilis” e gli artisti potevano diventare cavalieri o anche nobili.
Una testimonianza del valore dell’arte boema è data dal “Giudizio Universale”, mosaico del 1370, situato nel Golden Gate della cattedrale di San Vito a Praga. Il mosaico è stato fatto con l’aiuto di maestri del vetro veneziani, ma la materia prima è di indubbia provenienza boema.
DAL XVI secolo al XIX secolo
Alla fine del 1500 la produzione del vetro boemo era la più sviluppata in Europa (34 vetrerie), e realizzava non solo articoli di lusso, ma anche manufatti ad uso quotidiano a basso prezzo; produzione richiesta principalmente dalla Germania, con la quale si intensificò una rete di commerci.
Le forme rimasero quelle di “goblets” cilindrici, con una base ben scolpita. Le superfici venivano decorate con incisione a diamante, oppure con figure a smalto. I motivi dipinti erano soggetti religiosi, allegorici, scene di caccia, attività lavorative, e animali e soprattutto lo stemma dell’aquila imperiale del Sacro Romano Impero.Il vetro dipinto fu uno autentico successo commerciale e influenzò la produzione negli altri Paesi a nord delle Alpi.
Nel 1588, Caspar Lehman, un incisore pietre dure arrivò a Praga, dove la corte dell’imperatore Rodolfo II di Asburgo sosteneva generosamente i migliori artigiani di tutta Europa. Lehman applicò anche al vetro l’incisione alla ruotina, perché comprese che era possibile ottenere la tridimensionalità della materia, per mezzo di incisioni di diversa profondità. Prima opera su vetro incisa a “ruotina” e datata 1605 fu il bicchiere per Wolf Sigmund Losenstein e consorte con le figure allegoriche “Nobilitas- Potestas-Liberalits. Fu una pietra miliare nella storia della lavorazione del vetro e rappresentò l’inizio di un ampio e nuovo sviluppo che arriva sino ai nostri giorni.
Ed è proprio durante il regno di Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612) notoriamente appassionato d’arte in tutte le sue forme, che l’alchimia del vetro si intensificò in tutta la Boemia.
Armati di talento, cannule, punte di diamante e nozioni di chimica, i maestri vetrai boemi realizzarono dei veri e propri capolavori, sperimentando consistenze, colorazioni e lavorazioni sempre più nuove e raffinate.
La Guerra dei Trent’anni, (1618-1648) scoppiata in tutta Europa, determinò un periodo di crisi e la Boemia, invasa dalle truppe dell’imperatore Ferdinando II subì pesanti perdite e distruzioni del tessuto industriale ed artistico.
Ma alla fine della guerra, la Boemia riprese con slancio la lavorazione del vetro artistico e la ricerca incessante di un procedimento che migliorasse la qualità del vetro.
Il XVII secolo fu un periodo di grande fermento con scoperte ed eventi che mutarono le sorti dell’economia e dell’arte boema, che, dal 1700 acquisì un ruolo predominante nella produzione vetraria europea e rinnovò il corso di tutta l’arte vetraria grazie a questi fattori:
- La scoperta del cristallo boemo opera di Michael Muller nel 1683 – grazie ad una nuova formula che aggiungeva alla miscela potassica una dose di carbonato di calcio e gesso. La sua formula permise la produzione di un vetro eccellente, una materia di particolare lucentezza, trasparenza e durezza. Queste caratteristiche favorirono ampie possibilità di intaglio ed incisione, molatura.
- L’invenzione di Johann Kunckel del rosso rubino all’oro – ripresa poi Michael Muller che ebbe un ruolo di fondamentale importanza nella fabbricazione del vetro boemo, per la diffusione del vetro colorato.
- La ricerca anche sul piano del procedimento industriale, come il forno con la griglia permise di perfezionare le tecniche di lavorazione e di migliorare la produzione.
- La grande richiesta del vetro inciso favori la realizzazione di una scuola di maestri incisori e la formazione di corporazioni di artigiani dediti alla lavorazione del vetro, quali pittori, decoratori, incisori, intagliatori. La scuola più famosa era situata nella Boemia nord occidentale.
- Il cristallo boemo divenne famoso in tutta Europa e la richiesta dei mercati esteri diede inizio ai commerci e alle esportazioni verso Germania – Russia Scandinavia – Paesi Bassi Italia e Americhe. I commercianti del vetro sostenevano dei corsi di formazione di intaglio, incisione e pittura, che costituivano la base per il percorso professionale e per la commercializzazione del vetro in tutta Europa.
Alla fine del seicento la produzione boema era costituita da calici, di stile boemo, con pareti di grosso spessore adatti all’intaglio e all’incisione, con un solido stelo e con il coperchio. Il tipo di incisione era ancora primitivo, poco profondo, e la decorazione molto semplice.
Nella regione della Slesia invece, le maestranze operose nel castello di Kynast, espressero la loro capacità artistica attraverso raffinate incisioni, un rinnovato gusto, originalità, e soprattutto attraverso la firma delle loro opere, richieste per la maggior parte dall’aristocrazia e dalla ricca borghesia. I 3 maggiori esponenti di questa arte furono i Martin e Friederich Winter e il, e loro nipote Gottfried Spiller, autori di alcuni dei più notevoli vetri incisi nello stile barocco.
Dal 1700, lo stile Barocco, – espresso in architettura, scultura e pittura era richiesto anche nell’arte vetraria. Le forme del cristallo boemo non cambiarono molto, erano calici, coppe e bicchieri con coperchio, bottiglie; ma le superfici furono caratterizzati da una sontuosa ricchezza di incisioni a motivi floreali, geometri, vegetali, e con la raffigurazione di scene di caccia, ritratti di potenti e immagini di santi.
Dopo il primo ventennio del secolo si diffuse in Boemia la tecnica del vetro a doppia parete (Zwischengoldglas), che rappresentò l’apice dell’espressione del vetro barocco. Johann Kunckel, nel suo trattato di arte vetraria “Ars Vitraria Experimentalis” diede una descrizione dettagliata di questa tecnica.
Si trattava di una tecnica a freddo – in cui una lamina d’oro o d’argento – lavorata all’acquaforte o incisa, veniva collocata fra due strati di vetro, alla base o nel corpo del bicchiere. Le incisioni raffiguravano per la maggior parte, scene con motivi religiosi, ma successivamente si produssero anche calici e coppe lussuosamente decorati riservati alle occasioni importanti.
Nella Slesia, Johann Sigismund Menzel, abile intagliatore e pittore, seguendo la tecnica dello Zwischengoldglas, realizzò dei bicchieri con dei medaglioni nel corpo centrale che raffiguravano ritratti, figure di santi, o stemmi in foglia d’oro
Alla metà del 1700 lo stile appariscente del barocco si trasformo nel più intimo Rococò e le maestranze si adattarono presto al cambiamento di gusto. L’interesse per la porcellana convinse gli intagliatori, incisori, decoratori del vetro i ad imitarne la fabbricazione, e inventando il vetro lattimo.
La vetreria dei conti Harrach in Novi Svet, produsse molte opere con questa tecnica. Scene di caccia e amor cortese furono decorate nel nuovo stile rococò. Furono inoltre dipinte scene allegoriche delle virtù, motivi biblici e disegni floreali.
Nella prima metà del secolo XVIII, Daniel e Ignaz Preissler svilupparono una tecnica decorativa di pittura a smalto nero e seppia, (Schwartzlotmalerei ). La pittura a chiaroscuro ottenuta con gli ossidi di piombo, con l’oro ed il rosso dei sali di ferro. I Preissler applicarono questa tecnica al vetro e alla porcellana, e contribuirono allo sviluppo e alla diffusione della pittura rococò.
Verso il 1790 la Boemia, con più di 70 vetrerie, deteneva l’egemonia, in Europa, della produzione vetraria. Si contavano succursali in 54 città in Europa e 6 città oltremare. Le organizzazioni di esportazione erano rette da severe regole familiari. I più giovani venivano inviati all’estero, giovanissimi, per acquisire successivamente un incarico di responsabilità. Gioco e alcol in pubblico erano proibiti, e i giovani potevano sposarsi solo dopo una certa età. I Boemi, astuti uomini d’affari, eccellenti artigiani del vetro, esperti della preziosità della materia prima e delle tecniche di lavorazione, acquisirono il monopolio mondiale della fabbricazione del vetro.
I grandi centri di produzione erano Kamencky, senov, Turnov, Jablonec e Novy Bor, testimoni ancora oggi della loro capacità di costruire stupendi oggetti e gioielli di vetro. La produzione vetraria comprendeva anche i lampadari con le gocce di cristallo che fecero la loro apparizione all’inizio del secolo e si diffusero rapidamente in tutta Europa.
XIX SECOLO
All’inizio dell’800 la Boemia ebbe un ruolo molto importante all’interno dell’impero asburgico, grazie alla potente industrializzazione del vetro. Il cristallo prodotto in Boemia era considerato un prodotto eccellente ed esportato ovunque.
La produzione dei primi decenni dell’ottocento era costituita da vetri incisi, nei quali i motivi ricorrenti erano l’aquila napoleonica, insegne militari e di ispirazione classica, secondo le tendenze di gusto proprie dello stile impero.
Ma ben presto, le maestranze del vetro boemo, catturarono la crescente domanda di vetro colorato, dell’emergente “stile Biedermeier”.
In breve tempo, lo stile Biedermeier entrò nella storia della cultura, assunse anche un significato filosofico e, definì, oltre che un periodo storico, anche una maniera di vivere che esaltava l’aspetto familiare, intimo, quotidiano e, di riflesso, dava alla casa e agli arredi un significato ed un valore maggiori. Contestualmente l’industrializzazione del vetro favorì la riduzione dei costi e si aprirono nuovi campi di impiego, specialmente nelle case borghesi.
I vetri “Biedermeier” della prima metà del XIX secolo presentavano una gamma di colori vividi e brillanti, forme eleganti e finiture raffinate. La tecnica del vetro policromo prevedeva l’aggiunta, al composto di cristallo, di differenti ossidi metallici, alfine di ottenere diverse tonalità di colore. I risultati delle miscele fornirono una declinazioni di colori di alta qualità: il rosso rubino, il rame oppure l’oro, il blu cobalto, il verde al rame o al cromo, una grande varietà di gialli, dall’oro all’ambra, al miele e i verdi fluorescenti all’uranio. Ed infine l’inclusione di paste colorate ottenne il risultato di un vetro simile alla pietra.
L’evoluzione artistica fu influenzata da nuove possibilità tecniche e i maestri vetrai misero a punto una molatura di altissimi livello qualitativo nelle sue numerose varianti, molatura al diamante e alla pietra, molatura a stella e a piramide.
Non vi erano marchi di fabbrica e anche gli artisti firmavano solo in casi eccezionali.
Oltre ai tradizionali bicchieri venivano proposti coppe, vasi, finiture da toeletta, articoli per scrivania, bottiglie flaconi, e presse papier. Le forme erano semplici, i bicchieri da acqua erano cilindrici o a tronco di cono, talvolta con una base allargata e scanalata (detti Ranftbecher) mentre i calici da vino o da birra avevano forme eleganti, illeggiadrite da alti gambi ornati ed intrecciati. Le coppe, infine, avevano diverse forme: ovoidali, a imbuto, a ogiva, a tromba, a campagna o a calice di fiore.
I bicchieri “Biedermeier” nascevano sempre come pezzi unici o al più in coppia, e riccamente decorati. Erano commissionati come doni augurali in occasione di una festa, di un matrimonio, di un anniversario e quindi recavano incisa una data, un nome, una frase augurale o un disegno che assumeva un preciso significato. Talvolta erano rappresentate le virtù, motivi religiosi o motivi massonici. Spesso il corpo del bicchiere era cesellato, con incredibile precisione, con vedute di città, scene di caccia, paesaggi campestri o boschivi, composizioni floreali. Inoltre le più varie sfaccettature alla mola decoravano le superfici secondo una miriade di disegni geometri di invenzione. Alcuni avevano una base a fondo piatto, poligonale, intagliata, sfaccettata. Altri avevano anche un piedistallo, con alla base, una molatura degna di una pietra preziosa, profonde incisioni, taglio vivo a diamante, disegno ricco di spigolature che lo rendevano prezioso.
Nei primi decenni del XIX secolo si diffuse la moda dei bicchieri termali i cosidetti “badebecher” realizzati a scopo turistico. I borghesi e gli aristocratici europei amavano trascorrere la loro villeggiatura alle terme e al ritorno portavano con sé il proprio bicchiere termale, personalizzato, quale souvenir. Calici, boccali e bicchierini da liquore erano decorati con monumenti, vedute di complessi termali, fonti, paesaggi o personaggi stilizzati. Le forme erano eleganti e massicce, i corpi molati, intagliati, incisi.
I maggiori centri di lavorazione del vetro si trovavano nella Slesia (Warmbrunn – Gutenbrunn), nella Boemia occidentale (Karlsbad e Franzesbad) nella Boemia meridionale e settentrionale.
Ma i risultati più importanti non erano riferiti tanto alla quantità, quanto alla qualità del vetro prodotto da alcuni artisti: Dominik Bieman , A.H.Pfeiffer e Karl Pfol per intaglio; Samuel Mohn e Anton Kothgasser per la pittura; Karl Egermann per la colorazione; Friederich Egermann per i suoi vetri ad effetto marmorizzato chiamati “ Lithyalin”; il conte George Von Buquoy con la sua “ hyalith”, vetro rosso opaco o nero, simile alla pietra dura, spesso dipinto in oro
Alla fine degli anni 50 il successo del vetro Biedermeier era al suo culmine, sia presso l’aristocrazia che presso un pubblico più ampio ed eterogeneo. Negli anni successivi la gamma di colori e di decori si stabilizzava su forme e modelli ormai stereotipati. Il progresso tecnico e la produzione massificata portarono con se un abbassamento della qualità. Anche il gusto stava cambiando a favore di un rinnovato interesse per il mondo classico e cosi ebbe inizio il declino dell’arte del vetro boemo, di stile Biedermeier.